Da principio Casalciprano fece parte del dominio della famiglia Castropignano, che prese il nome dal feudo, non potendosi presumere il contrario, cioé che la famiglia avesse dato nome al feudo.
In seguito Casalciprano, con tutta la contrada, dovette certamente far parte della potente Signoria dei d’Evoli, che dominavano nei tre rami principali: in Trivento, Frosolone, Castropignano e quindi dovette seguire le divisioni e suddivisioni che questi rami fecero fra loro.
Dopo vari secoli di dominio di questa famiglia, Andrea d’Evoli iuniore, proprietario del feudo dal 1457, lo passò ai Mazzacane, dai quali per matrimonio di donne passò ai De Raho e prima a Giambattista figlio di Porfiria Mazzacane, sorella di Isabella Signora di Casalciprano. I De Raho, probabilmente di Aversa (origine dibattuta), dominarono Casalciprano per due secoli, fino alla prima metà del XVIII secolo, periodo in cui il borgo passò nelle mani dei Brancia, marchesi di Mirabello, causa il matrimonio tra un De Raho (o De Rago) e Donna Francesca Brancia, che non ebbe figli così che la famiglia si estinse. Poi i titolari del paese diventarono i De Leto, duchi di Polignano (Bari), perché Gaetano De Leto sposò il 23 gennaio 1735 Donna Nicoletta De Ballo, baronessa di Casalciprano, matrimonio celebrato dal vescovo di Trivento Mons. Fortunato Palumbo. Dopo le vicende del terremoto del 1805, a metà Ottocento il borgo passò a Francesco Tommasi di Spinete, quindi venduto alla famiglia Di Palma-De Leto, tuttora con il titolo nobiliare di marchesi di Casalciprano.
Estintasi la famiglia de Raho, rimase estinto anche il titolo di Barone. La famiglia, che si estinse nella persona del Duca D. Filippo, si trasferì a Napoli dopo il terremoto del 26 luglio 1805, che distrusse completamente il Palazzo Ducale. Il feudo, verso la metà del 1800, fu quindi venduto al Dott. D. Francesco Tommasi di Spinete.
Nella seconda metà dell’Ottocento si avviò il processo di unificazione dell’Italia voluto dai Savoia e portato avanti da Garibaldi e i Mille. Nel 1861 Casalciprano fu unito a Frosolone ed insieme ad esso al collegio di Bojano, ma venne poi ancora una volta distaccato ed aggiunto di nuovo al collegio di Campobasso.
L’ insofferenza nei confronti del nuovo Stato, che impose nuove tasse e una lunga leva militare, sfociò nel fenomeno del Brigantaggio: contadini e pastori locali, sorretti da un istinto delinquenziale, dandosi alla macchia rubavano, ricattavano, estorcevano ed uccidevano senza pietà. Il governo della Destra affrontò questo fenomeno con la dura repressione militare prevista dalla legge Pica del 1863.
Per quanto riguarda le terre molisane, sul Matese, sulla montagna di Frosolone, nelle boscaglie del medio Trigno e del territorio di Trivento, operavano numerose bande di briganti che terrorizzavano le popolazioni indifese e maltrattavano i piccoli e grandi proprietari locali, i cosiddetti “galantuomini”.
Come gli altri paesi, anche Casalciprano ebbe i suoi briganti, i più famosi furono Pasquale Picciano, detto Rosciuolo, Gaetano Policella, fucilato a Castropignano e Gaetano Corsilli. Per proteggere le loro terre i galantuomini cercavano in ogni modo di eliminare l’elemento di rischio, spesso con tacito consenso, ma anche con l’arresto o, addirittura, con l’uccisione.
Drammatico epilogo di questo scontro fu la morte del brigante di Casalciprano, Costanzo Eugenio Lombardi, avvenuta per ordine del galantuomo locale Nicolangelo Antonecchia.
La famiglia più importante in questo periodo fu quella dei di Palma, che assunsero come cognome di Palma – de Leto conservando così il titolo di Marchesi di Casalciprano fino agli inizi del Novecento.
Pagina aggiornata il 17/10/2024